Route verso il Futuro: che cosa è stata?
Partire senza sapere dove sarei arrivato, con una direzione per uscire dalla città scritta da due amici dentro una piccola busta chiusa. 15 tappe, le giornate scandite dalla Liturgia delle...
Alma – Lisbona
In sintesi: niente meno della perfezione.
Vado a Lisbona, prenoto un pranzo da Alma – ristorante due stelle Michelin guidato dallo chef Henrique Sà Pessoa– immaginandomi un ottimo pasto. Quello che non immaginavo era che avrei vissuto un’esperienza gastronomica straordinaria, che mi avrebbe donato uno dei pasti migliori della mia vita in assoluto, assaggiando una portata dopo l’altra senza alcuna sbavatura, in cui ogni piatto non rappresentava niente meno della perfezione. Piatti impeccabili, in una sala sobria ed elegante, con un servizio attento e cordiale e la cucina a vista. Un ristorante che mi sento di consigliare spassionatamente a chi visita Lisbona (e sommessamente agli ispettori della Michelin per una terza stella che mi stupisco non abbia).
Ho scelto il menù degustazione Alma (con una variazione sul dessert principale).
L’inizio promette bene, con due piccoli amuse bouche deliziosi: un cannolo ripieno di tartare di tonno e una tartelletta a base di barbabietola e formaggio di capra.
Inizia quindi una sorta di ‘ode ai crostacei’ in tre atti, che commuove per la bontà e per l’attenzione all’utilizzo di ogni loro parte.
Si parte con un cracker di pelle di gamberi, accompagnato da peperoni in tempura. Nonostante il mio inglese stentato capisco bene la descrizione e penso “mah…” e poi assaggio una delle cose più buone mai mangiate in vita mia. Era letteralmente una nuvola, sofficissima, che svaporava in bocca e lasciava un intenso sapore di crostaceo.
Poi, dopo un attimo, arriva un pan brioche con granchio e caviale accompagnato da un brodo (da alternare nell’assaggio) realizzato con gli scarti del crostaceo e il lemon grass e pensi: “mamma mia, ma questo è ancora meglio!”. Davvero uno degli antipasti più buoni che ho mai assaggiato in vita mia.
Si chiude la ‘trilogia’ tornando ai gamberi, degustando i crostacei crudi con una salsina tipica portoghese e una bisque al Tabasco:
Il benvenuto dello chef prima delle portate ‘vere e proprie’ del menù degustazione non è ancora terminato, perché mi servono un piatto freschissimo a base di triglia cruda, delle perline congelate che non ho capito bene cosa fossero perché parlo l’inglese come uno nato negli anni ’80 (sigh), e un estratto di sedano con una spiccata nota agrumata.
Il servizio del pane, accompagnato da olio e burro affumicato è splendido da vedere (il piattino è meraviglioso) quanto appaga all’assaggio (in particolare il burro aveva un sapore avvolgente che non dimenticherò mai: ecco magari su questo torno alla fine…)
A questo punto si comincia con gli antipasti previsti dal menù cartaceo.
Il primo, a base di carota, bulghur, purea di albicocca e formaggio di capra è avvolgente, dolce e saporito.
Il secondo -una delle firme dello chef- a base di foie gras, mela, granola, barbabietola e caffè, soprende per l’equilibrio degli ingredienti tra dolce, amaro e acido.
Il risotto che segue è una bomba! Arriva il piatto con gli elementi di accompagnamento (e che accompagnamento: astice e rana pescatrice!) e il cameriere aggiunge direttamente dal pentolino alcune -generose- cucchiaiate di risotto coi medesimi ingredienti. Il piatto -come gli altri- è bellissimo; la cottura del riso e del pescato è impeccabile; l’equilibrio tra gli ingredienti (ci sono anche pomodoro e coriandolo) è assoluto. Un altro piatto dal sapore intenso e avvolgente.
Il secondo piatto è a base di maiale, pasta di peperone rosso e ‘bulhao pato’ (una salsa tipica a base di vongole). Una pallina di patata accompagna questa rivisitazione del ‘maiale all’alentejana‘ (ricetta tradizionale portoghese che coniuga maiale e vongole): non conosco il piatto ‘originale’, ma questa versione era davvero golosa e appagante!
Conclusa la parte salata del menù si passa ai dessert e la melodia non cambia!
Il pre dessert è a base di patata dolce, clementina, zenzero e anacardi e prepara splendidamente a gustare il dolce.
Ho scelto la ‘bola de Berlim‘, rivisitazione di un dolce della tradizione. Nel piatto un’acidità spinta, che contrasta la grassezza del tuorlo d’uovo e la dolcezza del caramello. Nei miei appunti ho annotato: “tanta roba!”.
La piccola pasticceria consta di tre tartellette e un cioccolatino, che contibuiscono a conservare un dolce ricordo dell’esperienza.
Ecco… a proposito di ‘dolce ricordo’ torno a quanto accennavo parlando del “sapore avvolgente del burro che non dimenticherò mai”.
Sono uscito dal ristorante camminando a dieci centimetri da terra, perché l’esperienza è stata appagante oltre ogni aspettativa.
Sono uscito, soprattutto, conservando per diverse ore quei sapori incredibili nella bocca. Ma -a scanso di equivoci- avevo subito lavato i denti! È difficile da descrivere se non lo si prova, ma alcuni pasti sorprendono talmente da lasciare una ‘memoria’ nelle papille gustative che fa percepire l’alternanza dei piatti nella bocca anche quando di quei piatti non ve n’è più traccia. Alma mi ha regalato questo genere di ‘memoria’ e anche ora mentre scrivo -a distanza di settimane- mi sembra di avere nella bocca quel burro, quei gamberi, quel riso, quel dessert… E mi si accende la voglia di ritornare.